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Il contrasto insanabile tra Popper e Wittgenstein.



Il celebre scontro tra Popper e Wittgenstein del 1946 riflette concezioni opposte di filosofia, scienza e linguaggio. Nell'era dell'intelligenza artificiale il dibattito torna attuale: modelli linguistici incarnano la visione wittgensteiniana del significato, mentre la mancanza di spiegabilità sfida il criterio popperiano di falsificabilità, evidenziando la tensione tra pragmatismo e rigore scientifico.



Il contrasto insanabile tra Popper e Wittgenstein: la lite di Cambridge e la sua attualità nell’era dell’intelligenza artificiale

 

Karl Popper e Ludwig Wittgenstein rappresentano due visioni del mondo radicalmente opposte, incarnando una frattura filosofica che tocca le fondamenta della conoscenza, del linguaggio e della scienza. Il loro celebre scontro, avvenuto il 25 ottobre 1946 durante una riunione del Cambridge Moral Sciences Club, è divenuto non solo un episodio iconico nella storia della filosofia, ma anche il simbolo di un contrasto che risuona ancora oggi, in particolare nel dibattito contemporaneo sull’intelligenza artificiale (IA).

 

La lite di Cambridge: dramma umano e intellettuale

L’episodio si svolse al King’s College di Cambridge, un luogo di fermento intellettuale dove Wittgenstein esercitava una notevole influenza grazie al suo carisma e alla sua profonda capacità critica. In quella giornata, Karl Popper era stato invitato a tenere una conferenza sul tema “Esistono problemi filosofici?”, una tesi che andava a colpire il cuore del pensiero wittgensteiniano. Wittgenstein, che concepiva la filosofia come un’attività puramente chiarificatrice, negava che i problemi filosofici fossero reali, considerandoli piuttosto confusioni linguistiche che il filosofo aveva il compito di dissolvere.

Popper, d’altro canto, difendeva una visione della filosofia come disciplina che affronta problemi autentici, con un impatto reale sulla comprensione del mondo. La tensione era palpabile già dall’inizio, ma raggiunse il culmine quando Wittgenstein, visibilmente irritato, prese un attizzatoio dal camino della sala e cominciò a gesticolare in modo enfatico per sostenere le sue argomentazioni. Durante la discussione, Wittgenstein chiese a Popper di fornire un esempio concreto di un problema filosofico reale. Popper rispose prontamente: “Il problema del giusto e dello sbagliato”.

Questa risposta provocò una reazione furiosa da parte di Wittgenstein, che sbatté l’attizzatoio sul tavolo e lasciò la stanza. Questo gesto drammatico suggellò l’inconciliabilità delle loro posizioni filosofiche, rendendo quell’episodio uno dei più celebri e discussi della storia intellettuale del Novecento.

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Il contrasto filosofico tra Popper e Wittgenstein

Lo scontro non fu soltanto personale, ma rifletteva differenze profonde nelle loro concezioni della filosofia, della scienza e del linguaggio. Riportiamo sinotticamente i punti più salienti.

La filosofia come chiarificazione o come soluzione

Wittgenstein considerava la filosofia un’attività terapeutica, il cui scopo era dissolvere i problemi derivanti dall’uso improprio del linguaggio. Secondo lui, molti dei problemi filosofici tradizionali, come “Che cos’è la realtà?” o “Che cos’è il significato?”, erano pseudo-problemi, frutto di confusioni concettuali.

Popper, al contrario, sosteneva che la filosofia avesse il compito di affrontare problemi reali e contribuire al progresso della conoscenza. Per lui, la filosofia non doveva limitarsi a chiarire concetti, ma doveva proporre teorie e soluzioni, lavorando in stretta connessione con la scienza.

La scienza e il metodo

Anche nella concezione della scienza le differenze erano evidenti. Per Wittgenstein, la scienza era uno dei tanti modi di interagire con il mondo, un gioco linguistico tra molti altri. Non considerava la scienza una forma di conoscenza superiore rispetto ad altre, come l’arte o la religione.

Popper, invece, vedeva la scienza come il modello più alto di conoscenza umana. Il suo criterio di falsificabilità — secondo cui una teoria è scientifica solo se può essere confutata — era il fulcro della sua epistemologia. Per Popper, la scienza progredisce attraverso ipotesi audaci, sottoposte a critica e verifica sperimentale.

Il linguaggio e il significato

Wittgenstein sosteneva che il significato delle parole non risiedesse in una corrispondenza con la realtà, ma nel loro uso nei contesti sociali. Per lui, il linguaggio è un insieme di “giochi linguistici”, ognuno con le proprie regole. Popper, invece, considerava il linguaggio uno strumento per descrivere il mondo, insistendo sulla necessità di chiarezza e precisione per permettere la critica razionale e il progresso della conoscenza.

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L’intelligenza artificiale e il ritorno del dibattito tra Popper e Wittgenstein

Nell’era dell’intelligenza artificiale, il contrasto tra le visioni di Popper e Wittgenstein assume una nuova rilevanza. L’IA, in particolare nei modelli di linguaggio come quelli basati su machine learning, ha riportato al centro del dibattito questioni fondamentali sul linguaggio, la conoscenza e il metodo scientifico, rievocando i punti di disaccordo tra i due pensatori.

 

Il linguaggio nell’IA: una vittoria wittgensteiniana?

I moderni modelli di linguaggio, come quelli basati sul deep learning, sembrano incarnare perfettamente la concezione wittgensteiniana del linguaggio. Questi sistemi non cercano di rappresentare una realtà oggettiva, ma apprendono il significato delle parole dal contesto e dall’uso, proprio come sosteneva Wittgenstein nelle Ricerche Filosofiche.

Un modello come GPT genera risposte non perché comprenda il mondo, ma perché “impara” dai dati come le parole sono utilizzate nei diversi contesti. Questo approccio riflette l’idea di Wittgenstein che il significato non sia qualcosa di fisso o universale, ma un prodotto dell’uso pratico e delle convenzioni sociali.

 

La scienza e la falsificabilità: il dilemma popperiano

D’altra parte, l’IA sfida il criterio popperiano di falsificabilità. Gli algoritmi di apprendimento automatico non formulano teorie che possano essere confutate, ma operano su modelli probabilistici. Ad esempio, un sistema di IA può prevedere con precisione comportamenti umani o risolvere problemi complessi, ma non offre una teoria falsificabile che spieghi i suoi risultati. Questo solleva interrogativi sulla natura stessa della conoscenza scientifica nell’epoca dell’IA.

 

La spiegabilità e il problema delle “black box”

Un altro aspetto cruciale è la spiegabilità. Popper insisteva che la scienza dovesse essere trasparente e comprensibile, ma molti sistemi di IA sono opachi, delle vere “black box” il cui funzionamento interno è difficile da interpretare persino per i loro creatori. Questa opacità si avvicina alla visione wittgensteiniana che non tutto possa essere spiegato attraverso il linguaggio, ma solo descritto nel contesto in cui opera.

 

Una scienza wittgensteiniana o popperiana nell’era dell’IA?

L’intelligenza artificiale sembra spingere la scienza verso una direzione più vicina a Wittgenstein, enfatizzando il ruolo del contesto e dell’uso pratico del linguaggio. Tuttavia, l’eredità di Popper rimane cruciale per preservare il rigore critico e la trasparenza della conoscenza. La scienza moderna, con i suoi progressi nell’IA, sembra trovarsi in bilico tra queste due filosofie, cercando un equilibrio tra l’utilità pragmatica e la necessità di teorie falsificabili.

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Il confronto tra Popper e Wittgenstein, nato in una sala di Cambridge il 25 ottobre 1946, continua a vivere nell’era dell’IA, dimostrando quanto le loro idee siano ancora fondamentali per comprendere il rapporto tra linguaggio, scienza e conoscenza. Nell’epoca delle macchine intelligenti, il loro dibattito non è solo attuale, ma indispensabile per definire il futuro della scienza e della filosofia.



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