Padre Roberto Busa e il suo apporto alla nascita dell’AI.
- Roberto Rondinelli
- 16 feb
- Tempo di lettura: 4 min
Padre Roberto Busa ha gettato le basi della linguistica computazionale integrando informatica e analisi testuale. Il suo progetto pionieristico, l'Index Thomisticus, ha anticipato le tecnologie alla base degli attuali modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM), dimostrando il potenziale dell'automazione nell'elaborazione del linguaggio naturale e nell'organizzazione del sapere.
L’intelligenza artificiale basata su modelli di linguaggio di grandi dimensioni rappresenta una delle innovazioni più affascinanti e rivoluzionarie nell’ambito dell’elaborazione automatica del linguaggio naturale. Tuttavia, per comprenderne appieno il significato e il funzionamento, è fondamentale esplorare il suo sviluppo storico, partendo da una figura che ha gettato le basi di questa disciplina, ovvero Padre Roberto Busa. Il suo contributo è stato determinante per l’integrazione tra linguistica e informatica, un connubio che oggi sta alla base della straordinaria capacità delle macchine di comprendere e generare linguaggio umano con un livello di sofisticatezza senza precedenti.
Padre Roberto Busa è stato un gesuita e un pioniere dell’informatica umanistica, noto per aver concepito uno dei primi progetti di elaborazione linguistica assistita da computer. Nato nel 1913, si formò in un periodo in cui la ricerca testuale si basava ancora interamente su metodi manuali e sulle tradizionali tecniche filologiche. Durante i suoi studi si rese conto che l’enorme mole di testi di San Tommaso d’Aquino costituiva un corpus complesso da analizzare senza un supporto tecnologico. Affascinato dall’idea di creare un indice analitico delle parole usate dal filosofo medievale, iniziò a cercare strumenti che potessero facilitare l’elaborazione dei testi e si convinse che la tecnologia avrebbe potuto fornire una soluzione innovativa per la linguistica computazionale.
Nel 1949, in un’epoca in cui i calcolatori erano ancora macchine ingombranti utilizzate esclusivamente per calcoli numerici, Busa riuscì a ottenere un incontro con Thomas J. Watson, il fondatore di IBM, durante un viaggio negli Stati Uniti. All’epoca, la proposta di utilizzare i computer per analizzare il linguaggio naturale era un’idea visionaria, poiché nessuno aveva ancora concepito la possibilità di applicare queste macchine a compiti linguistici. Durante il loro incontro, Busa illustrò la sua ambiziosa idea di creare un indice digitale che avrebbe permesso di analizzare l’uso delle parole nei testi di Tommaso d’Aquino, con l’obiettivo di comprendere le sfumature semantiche e concettuali della sua opera. Watson, sebbene inizialmente scettico, fu colpito dall’intuizione del gesuita e accettò di supportarlo, offrendo le risorse tecnologiche necessarie per portare avanti il progetto.
L’Index Thomisticus nacque da questa collaborazione e rappresentò il primo tentativo di applicare il calcolo automatico alla linguistica testuale. Il lavoro si rivelò un’impresa titanica, richiedendo decenni di ricerca e sviluppo. Il progetto prevedeva la digitalizzazione dell’intero corpus delle opere tomistiche, composto da milioni di parole, per poi indicizzarle e organizzarle in modo da consentire un’analisi approfondita della loro distribuzione e del loro significato. Per realizzare questo obiettivo, Busa sviluppò un sistema di lemmatizzazione automatica, che permetteva di ricondurre ogni parola alla sua forma base, una tecnica che oggi è alla base di molte applicazioni di elaborazione del linguaggio naturale. La sua innovazione più significativa fu l’introduzione della concordanza elettronica, un metodo che consentiva di individuare rapidamente le occorrenze di una parola in un testo e di analizzarne il contesto in cui compariva.
L’Index Thomisticus fu completato solo negli anni Ottanta, dopo decenni di lavoro meticoloso. Il suo impatto sulla ricerca linguistica fu immenso, aprendo la strada alle moderne tecniche di analisi testuale e dimostrando che il linguaggio umano poteva essere studiato attraverso strumenti computazionali. Questa ricerca pionieristica si rivelò una pietra miliare nello sviluppo delle discipline che avrebbero portato, decenni dopo, alla nascita dei modelli di linguaggio di grandi dimensioni. Il lavoro di Busa dimostrò che la linguistica computazionale non era solo una possibilità teorica, ma una realtà concreta che poteva migliorare la comprensione dei testi e rendere accessibile l’informazione in modi inimmaginabili fino ad allora.
Oggi, gli LLM rappresentano l’evoluzione più avanzata di quella stessa visione. Se negli anni Quaranta il problema era digitalizzare e analizzare testi statici, ora la sfida è comprendere il linguaggio umano in tutte le sue sfumature, generando testi coerenti e adattandosi a un’infinità di contesti. Il funzionamento di questi modelli si basa su reti neurali artificiali di enormi dimensioni, strutturate secondo l’architettura Transformer, che ha rivoluzionato l’elaborazione del linguaggio naturale introducendo il meccanismo dell’autoattenzione. Questa tecnologia consente ai modelli di attribuire pesi diversi alle parole di una frase in funzione del contesto, permettendo di catturare relazioni semantiche complesse tra parole anche lontane tra loro.
L’addestramento degli LLM avviene attraverso l’esposizione a enormi quantità di dati, provenienti da testi di varia natura. Durante questa fase, il modello impara a prevedere la parola successiva in una sequenza, regolando progressivamente i suoi miliardi di parametri per migliorare la precisione delle sue previsioni. Questo processo, chiamato apprendimento supervisionato, viene ottimizzato grazie a sofisticati algoritmi di ottimizzazione, come la discesa del gradiente, che permettono al modello di affinare progressivamente la sua capacità di elaborare il linguaggio. L’enorme quantità di risorse computazionali necessarie rende indispensabile l’uso di hardware specializzato, come le unità di elaborazione grafica (GPU) e le unità di elaborazione tensoriale (TPU), che consentono di eseguire miliardi di calcoli al secondo.
Nonostante le incredibili potenzialità di questi modelli, essi presentano ancora limiti significativi. La loro dipendenza dai dati di addestramento implica che possono ereditare pregiudizi e distorsioni presenti nei testi originari, generando risposte errate o fuorvianti. Inoltre, poiché si basano esclusivamente su correlazioni statistiche e non su una vera comprensione semantica, non sono in grado di distinguere tra informazioni affidabili e contenuti errati, il che rappresenta un problema quando vengono utilizzati in ambiti sensibili come la medicina o il diritto.
L’evoluzione futura di questa tecnologia si sta orientando verso la creazione di modelli più trasparenti e controllabili, con lo sviluppo di strumenti in grado di validare le informazioni generate e migliorare la loro affidabilità. La strada tracciata da Padre Busa dimostra che il progresso nell’elaborazione del linguaggio naturale è sempre stato guidato da una continua ricerca di strumenti più avanzati per comprendere e organizzare il sapere umano. La sua intuizione di integrare linguistica e informatica è oggi più attuale che mai, e la sfida del futuro sarà quella di sfruttare il potenziale degli LLM senza perdere di vista l’importanza della verifica delle informazioni e dell’uso etico di queste straordinarie tecnologie.
Dall’intuizione visionaria di Padre Roberto Busa agli attuali modelli di linguaggio di grandi dimensioni, l’evoluzione dell’elaborazione del linguaggio naturale continua a ridefinire il nostro rapporto con la conoscenza: secondo voi quale sarà il prossimo passo in questa straordinaria rivoluzione?
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